A partire dal 2021, La Rivista verrà pubblicata solo quattro volte l’anno. In cambio, la mia rubrica sarà più lunga e gli argomenti verranno trattati in modo più dettagliato. Per celebrare questa nuova veste, dedico il primo articolo trimestrale a chi si sta impegnando in un nuovo percorso per combattere l’obesità.
Innanzitutto, benvenuti in questo nuovo spazio e grazie, per rispondere ancora sì alla domanda che vi posi con il mio primo articolo, cinque anni fa (“Avete voglia di leggermi?”).
Scrivo queste righe a pochi giorni dalla Giornata Internazionale dell’Obesità, celebrata lo scorso 4 marzo e organizzata dalla World Obesity Federation (www.worldobesity.org) e dalle associazioni affiliate, in tutto il mondo.
Questa ricorrenza si celebra ogni anno, per focalizzare l’attenzione su questa patologia (perché di questo si tratta) che, a sua volta, é connessa non solo ad un aumento di rischio di mortalità a causa di eventi cardiovascolari, diabete di tipo 2, neoplasie o altre alterazioni metaboliche, ma anche ad un peggioramento della qualità della vita, dovuto alla comparsa di sintomi come l’irregolarità mestruale o i disturbi della sfera sessuale, le difficoltà respiratorie o apnee notturne, la scarsa mobilità e i dolori articolari.
Un odioso circolo vizioso
Chi é affetto da obesità (e sono parecchi: in Italia nel 2019 costituivano quasi l’11% della popolazione e in Svizzera nel 2015 erano il 12,6%; nel mondo, oggi, sono ottocento milioni!), oltre ai già citati rischi, vive una serie di difficoltà quotidiane sia a livello fisico che psichico, che vanno dalla ricerca dell’abbigliamento al salire le scale, dallo stigma in ambito sociale, fin dall’infanzia e adolescenza, alla discriminazione nel mondo del lavoro. Queste condizioni, unite alla scarsa autostima che molte persone hanno di sé, portano all’insorgenza di disturbi psichici tra cui la depressione che, come evidenziato in uno studio del 2013 su JAMA, non solo è più frequente negli obesi, rispetto alla media della popolazione, ma costituisce anche un ulteriore fattore di rischio di sviluppare obesità. Un odioso circolo vizioso che dal quale molti sembrano non trovare via di uscita.
Non dimentichiamo, poi, che viviamo in una società dove da una parte persiste il mito della magrezza – anche se fortunatamente, si iniziano ad intravedere timidi progressi anche in ambienti particolarmente a rischio, come quello della moda o dello spettacolo: vedi copertina di Vanity Fair con Vanessa Incontrada – e dall’altro siamo invasi da ogni sorta di cibo ad alto impatto energetico ad ogni ora del giorno e della notte. Un paradosso che viviamo ogni giorno e che persone particolarmente vulnerabili, vuoi per predisposizione genetica, vuoi per mancanza di un’educazione alimentare o semplicemente perché vivono un periodo particolarmente negativo, può significare la porta di ingresso su un baratro da cui, dopo, sembra impossibile uscire.
Quasi una presa in giro
La formuletta “mangia di meno e muoviti di più” suona quasi come una presa in giro, perché a causa dello stigma sociale, molte persone affette da obesità evitano di fare attività fisica per paura di esporsi, uscendo a correre o recandosi (quando era possibile) in palestra, mentre il cibo rappresenta un comodo e caldo conforto in ci rifugiarsi dalle bruttezze di un mondo che li rifiuta, a cui è quasi impossibile sottrarsi.
Come fare, dunque? Cercherò di rispondere a partire dagli scopi della Giornata Mondiale dell’Obesità per poi arrivare a suggerimenti ed indicazioni di natura più concreta.
I temi affrontati nella Giornata Mondiale del 2021 (www.worldobesityday.org) sono:
- aumentare la consapevolezza
- dare sostegno
- migliorare le politiche
- condividere le esperienze
Con l’aumento della consapevolezza si intende che molto deve essere ancora fatto per comprendere le cause di questa patologia. Molti sono i rami della ricerca implicati, in ambito biomedico, farmacologico ma anche nell’ambito delle scienze psichiatriche. A livello individuale, é importante conoscere a fondo il proprio paziente e promuovere una collaborazione attiva e un buon livello di fiducia, perché solo con una comunicazione a trecentosessanta gradi che riguardi non solo il cibo ma anche il livello di stress, la presenza o mancanza di risorse materiali o affettive, la storia del paziente, é possibile scoprire il maggiore numero di fattori che concorrono ad instaurare e mantenere l’eccesso di peso corporeo.
L’educazione è fondamentale
Dare sostegno non significa “fare pat pat sulla spalla”, ma promuovere ad ogni livello un cambiamento nel modo in cui la società si interfaccia con le persone obese. L’educazione, in questo senso, parte fin dalla più tenera età. Compagni di scuola che prendono pesantemente in giro un bambino sovrappeso non stanno “giocando”, ma stanno esercitando una pressione insostenibile su un soggetto debole. La prima volta che vi capiterà davanti un bambino che non vuole togliersi la giacca, anche se si muore di caldo, per non farsi vedere, guardatelo negli occhi e capirete cosa intendo. Impiegati obesi che non vengono mai invitati a prendere un aperitivo coi colleghi, o peggio che non partecipano a riunioni importanti o che non vengono messi in posizioni a contatto con il pubblico, non sono casi isolati, ma ingiustizie che avvengono regolarmente nel mondo del lavoro e per i quali é necessaria una svolta. Per la singola persona, é centrale, per esempio, il supporto della famiglia. Un’alimentazione sana, a base di cereali integrali, verdura, proteine nobili, cibi freschi e stagionali e dove l’utilizzo di zuccheri aggiunti e alimenti industriali deve rimanere un’eccezione, viene spesso vista come “la dieta che fa la mamma per dimagrire” e non come stile di vita adatto a tutta la famiglia. Questo induce troppe mamme a preparare due pasti: uno per sé e uno per il resto della famiglia, esasperando la solitudine di queste persone, che coraggiosamente cercano di trovare un modo più sano per nutrirsi.
Una responsabilità collettiva
Il miglioramento delle politiche passa anche da quelle del lavoro: il luogo dove le persone (prima della pandemia) trascorrevano la maggior parte della giornata dovrebbe garantire l’accesso a cibi sani, ritmi di lavoro che prevedano pause pranzo adeguate e magari un’area dove praticare attività fisica. Ma anche nell’ambito della produzione e della distribuzione alimentare, molto deve ancora cambiare: resta ancora troppo difficile reperire alimenti davvero sani, in un’orgia di merendine, cereali zuccherati, affettati, piatti pronti, frutta e verdura di ogni latitudine e stagione sempre disponibili. E proposte come la sugar tax, se indirizzate solo “per combattere l’obesità” non avranno mai successo, perché la riduzione del consumo di zucchero deve diventare un obiettivo per la salute di tutta la popolazione, a prescindere dal peso. Quello che può fare l’individuo é , per esempio, cercare di informarsi sui cibi il meglio possibile attraverso i canali ufficiali (Società Italiana di nutrizione, Società Svizzera di nutrizione, Organizzazione Mondiale della sanità), ricorrendo all’aiuto di un esperto, in caso non riesca ad orientarsi da solo. Se l’ambiente é “ostile”, é importante affilare le armi per difendersi!
E concludo con la condivisione. Il motto della Giornata Mondiale 2021 é Every Body needs Everybody. Il senso é che non solo la soluzione a questo problema é una responsabilità di tutti (a livello individuale, sociale, economico e politico), ma questa passa anche attraverso il contatto, la comunicazione e la condivisione di conoscenze e di esperienze. Per esempio, nella cura di un paziente obeso, la situazione ideale sarebbe una collaborazione tra diversi specialisti, invece di far “saltare” la persona interessata da un terapista ad un altro, i quali magari forniscono informazioni ed indicazioni tra loro contraddittorie, aumentando la confusione e minando la motivazione di chi, invece, vorrebbe mettercela tutta. Così come sarebbe preziosa, per chi intraprende un percorso, di conoscere l’esperienza di chi ci é già passato, o magari di condividere la stessa esperienza, mano nella mano (almeno virtualmente).
I passi da fare sono davvero molti. L’importante é non farli da soli.
Un saluto mondiale
dalla vostra consulente nutrizionale
Tatiana Gaudimonte
info@loveyourbody.ch