È stata da poco pubblicato l’ennesimo avvertimento sugli effetti controproducenti dei dolcificanti, usati da molti come strategia di controllo del peso corporeo. Facciamo il punto su una delle illusioni alimentari più diffuse.

Alzi la mano chi è convinto che i dolcificanti privi di calorie siano utili per controllare il peso corporeo! Vi vedo, che la state alzando solo a metà, allertati dal sottotitolo spoiler…

In effetti, di motivi per riflettere bene, prima di consumare abitualmente dolcificanti acalorici, se ne stanno accumulando sempre di più.
Già nel 2014, infatti, era stato pubblicato su Nature un articolo, poi ripreso e citato in moltissimi lavori successivi, in cui si avvertiva riguardo la possibilità che i dolcificanti artificiali potessero indurre intolleranza al glucosio, attraverso un’alterazione del microbiota intestinale (1). Tranquilli, ora traduco!

Con “intolleranza al glucosio” si intende una condizione in cui il corpo non riesce a regolare efficacemente l’aumento dei livelli di glucosio nel sangue. Questo porta, da una parte, a un aumento di produzione di insulina e dall’altra a uno stato di leggera infiammazione cronica. Sia gli alti livelli di insulina, che lo stato infiammatorio, a loro volta, sono tra i fattori principali dell’aumento di massa grassa.

Avete capito bene: in pratica, l’articolo di Nature avvertiva che i dolcificanti artificiali potessero paradossalmente causare un aumento di peso, anziché aiutare a controllarlo. Bella fregatura, eh?

Gli effetti metabolici di aspartame, saccarina e sucralosio sono stati provati dai ricercatori sia sui topi che su volontari sani ed è stato dimostrato che questi effetti derivano da alterazioni (reversibili e persino trasferibili) della composizione del microbiota intestinale (il microbiota è quello che una volta chiamavamo “flora batterica”). Non è un caso, infatti, che i prodotti contenenti questi dolcificanti rechino la scritta: “Può avere effetti lassativi”. Come mai la composizione del microbiota cambia? Perché questi dolcificanti sono un ottimo nutriente per batteri intestinali non molto compatibili con la nostra forma fisica, che grazie ai dolcificanti artificiali crescono di più, a discapito di batteri “amici”.

Oltre all’effetto sul microbiota, l’uso di dolcificanti ha anche un’altra conseguenza. Aspartame e compagnia comunicano al cervello, attraverso lo stimolo del dolce, l’ingresso di energia. Peccato però che questa energia poi non arrivi, confondendo il nostro povero cervellino. Questo segnale confuso genera una sorta di allarme, con un conseguente aumento di appetito e di ricerca di cibi altamente calorici. Ecco, quindi, anche attraverso questo meccanismo, l’effetto paradosso sul peso.

A seguito dello studio citato sopra e di molti altri studi a supporto, l’industria alimentare si è ingegnata per introdurre sul mercato dolcificanti diversi, non più artificiali ma di derivazione naturale, come per esempio gli steviosidi, estratti dalle foglie di stevia e l’eritritolo, derivato dalla fermentazione dello sciroppo di mais, nel tentativo di evitare l’intoppo che vi ho descritto (e che intoppo!). Studi recenti però hanno evidenziato che anche la stevia ha effetti simili sull’alterazione dl microbiota intestinale (2), conducendo i ricercatori a consigliare un ripensamento, riguardo all’utilizzo diffuso dei dolcificanti nei pazienti con diabete mellito (3).

L’ultima “bomba” a proposito dei dolcificanti, riguarda infine l’eritritolo, consigliato a piene mani in moltissimi siti di ricette “light”, nonché da una…nutrita schiera di professionisti della salute (non guardate me, però).
Secondo un articolo pubblicato quest’anno, ancora su Nature (4), l’uso regolare di eritritolo è direttamente connesso a un aumento di rischio di infarto e di trombosi, tanto da portare i ricercatori a raccomandare una revisione degli studi sulla sicurezza di questo dolcificante.

Adesso voi mi direte: sì, ma mia zia usa i dolcificanti da tutta la vita e sta benissimo, così come sta benissimo il centenario cresciuto a pane e sigarette “Nazionali”. Ma l’aneddotica sta da una parte e il metodo scientifico da tutta un’altra. Diversi aneddoti simili non dimostrano nulla perché le condizioni in cui avvengono non sono paragonabili e ciascuno fa per sé. Il metodo scientifico richiede invece che, se io conduco un esperimento in venti laboratori diversi, applicando le stesse condizioni, il risultato sia lo stesso. Fate voi di cosa è meglio fidarsi.

Scavalcato il piccolo scoglio dell’aneddotica, la prossima domanda che mi farete, immagino, è: “Ok, ma allora io come faccio a mangiare regolarmente cose dolci senza ingrassare?”. A questo punto, se io fossi molto cattiva, o volessi diventarvi molto antipatica, potrei rispondervi di provare a trasferirvi nel Magnifico Mondo di Oz o sull’Isola che non c’è. Scherzavo, via, si sa che sono bravissima e simpaticissima, quindi vi risponderò in altro modo.

Innanzitutto, dobbiamo distinguere tra dolce e dolcissimo. O meglio, dobbiamo allenarci a non confondere più il dolcissimo con il dolce. Per farla semplice, se mangio tutti i giorni caramelle o mastico gomme alla fragola, non posso pretendere di percepire appieno il delizioso sapore delle fragole vere. Il nostro allenamento consisterà dunque nell’essere tanto bravi e determinati da eliminare l’eccesso di gusto dolce, per esempio dimezzando la quantità di zucchero indicata nella ricetta di una torta, oppure passando dal cioccolato al latte a quello fondente 85%, oppure eliminando lo zucchero (e il dolcificante) dal caffè. Potete scegliere passaggi graduali, oppure l’”effetto cerotto”: in entrambi i casi sarete sorpresi, solo dopo poche settimane, di quanto il vostro gusto sia cambiato.

E sapete qual è l’effetto più bello di questo cambio di gusto? Che quando sceglierete di mangiare un dolce, lo apprezzerete talmente, che ne resterete soddisfatti più a lungo e con una minor quantità, così non metterete neanche più a rischio la linea, quando avrete l’occasione di accettare un pasticcino o sceglierete di preparare una torta.

Un’altra cosa che potete fare, per gustarvi senza paura una piccola porzione di dolce, è inserirla a colazione o a chiusura del pranzo: il corpo, infatti, si trova ancora in una fase “catabolica” (ossia tende a consumare, più che ad accumulare) e brucerà con più facilità quelle calorie in più. Inoltre, il consumo di un pasto bilanciato e completo (cereali integrali o legumi, verdura in abbondanza, proteine nobili…e se non sapete di cosa sto parlando, potete sbirciare i miei articoli precedenti) rallenterà l’assorbimento dello zucchero a livello intestinale, mitigando l’effetto “ingrassante” del saltuario cioccolatino o dell’occasionale fettina di torta gustati con il caffè (amaro).

E poi, come diceva il mio amato Oscar Wilde, “il modo migliore per vincere le tentazioni è cedervi”. Ma mi raccomando, una volta ogni tanto, che solo Dorian Gray poteva scaricare i suoi eccessi sul quadro…e non ha funzionato tanto bene nemmeno lì!

Un dolce saluto
dalla vostra consulente nutrizionaleDr. Tatiana Gaudimonte

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Fonti:

  • Suez, J., Korem, T., Zeevi, D. et al. Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota. Nature 514, 181–186 (2014). https://doi.org/10.1038/nature13793
  • Tiphaine Le Roy, Karine Clément. Bittersweet: artificial sweeteners and the gut microbiome. Nature Medicine, 2022, 28 (11), pp.2259-2260. ff10.1038/s41591-022-02063-zff. ffhal-03985171f
  • Griffo et al., Dolcificanti naturali e artificiali: effetti metabolici e loro utilizzo nelle persone con diabete, GIORNALE ITALIANO DI DIABETOLOGIA E METABOLISMO 2017;37:187-193
  • Witkowski, M., Nemet, I., Alamri, H. et al. The artificial sweetener erythritol and cardiovascular event risk. Nat Med (2023). https://doi.org/10.1038/s41591-023-02223-9

 

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