Due casi opposti, un ragionamento comune.
Questo pomeriggio si sono presentati in studio, a poche ore di distanza, due pazienti che per età, genere, abitudini ed atteggiamento non avrebbero potuto essere più distanti. Userò per entrambi nomi di fantasia e userò i loro “casi” per raccontarvi una storia.
Il primo a raggiungere l’ambulatorio è “Roberto”, un ragazzo di nemmeno trent’anni, attivo in campo informatico, con cui abbiamo iniziato un percorso qualche mese fa. La sua motivazione? Essersi accorto che il suo stile di vita costituiva un fattore di rischio per la propria salute futura, in altre parole una consapevolezza tramutata in motivazione e da lì, in azione. Un ragazzo che mai vi sognereste di vedere nello studio di un nutrizionista, se seguiste il cliché che lì ci va solo chi vuole dimagrire, chi rischia il diabete o chi ha problemi di intolleranze “Roberto”, infatti, è magro da sempre, ha valori ematologici perfetti e digerisce pure i sassi.
Il giovane ha…aggredito il suo percorso fin dal primo giorno. Uso questo verbo perché la determinazione che ha dimostrato è stata veramente travolgente, tanto che al secondo controllo, vista l’eccellenza sia dei risultati dell’analisi corporea che del suo diario alimentare, volevo quasi congedarlo. Siamo comunque arrivati all’accordo di vederci ad alcuni mesi di distanza con il solo scopo di monitorare la situazione.
Poi si sa, la vita ci mette lo zampino e scombina tutti i nostri piani e così è successo anche a Roberto: tra un cambio di lavoro, un trasloco e piccole amenità del genere, oggi è tornato, chiedendomi consiglio su come “tornare sulla retta via” dopo settimane di eccezioni che erano diventate la regola. Spinta dalla sua preoccupazione, ho eseguito l’analisi della composizione corporea, aspettandomi chissà quale disastro, invece guarda un po’: nonostante cinque settimane di “sgarri” frequenti e orari sballati, è riuscito a perdere quasi due chili di grasso senza scalfire la massa muscolare (e senza andare in palestra, ma su quel fronte ci ha pensato il trasloco). Lo so che lo state odiando molto, al momento. Per favore, rimandate l’acquisto della bambolina vodoo e continuate a leggere.
“Il corpo non mente e non dimentica!” ho esclamato, citando una frase carpita diversi anni fa durante un congresso e rimasta indelebile nella mia memoria. Evidentemente, le ottime impostazioni mantenute per mesi hanno permesso all’organismo di “Roberto” di tamponare efficacemente gli sbalzi occorsi nelle ultime settimane, il cui effetto è stato percepito solo a livello qualitativo (più stanchezza e maggiore difficoltà a dormire, oltre che un accentuato nervosismo), mentre il corpo ha, se mi concedete il tecnicismo, “tenuto botta”, anche perché, come è emerso poi, nonostante le diverse sregolatezze, un punto fermo era stato mantenuto, ossia l’appuntamento regolare con una colazione abbondante al risveglio. E hai detto niente.
La visita si è conclusa prendendo accordi sulle prossime settimane, che aiutassero il mio paziente a riprendere gradualmente il cammino parzialmente interrotto, forte del fatto che in ogni caso non era tutto perduto.
Dopo un paio d’ore si è presentata “Isabella”, cinquantenne madre e casalinga, sotto trattamento farmacologico sia per un disturbo endocrino che per valori ematologici alterati, in sovrappeso con evidente accumulo di grasso ventrale (che, come chi mi segue da un po’ sa benissimo, è il meno simpatico di tutti dal punto di vista dei rischi per la salute, a causa del suo effetto pro-infiammatorio). Per non farsi mancare nulla, mi racconta anche di avere familiarità sia per il diabete di tipo 2 che per le cardiopatie. Non male, per una prima visita.
Mentre Isabella si prodiga a raccontarmi la sua storia, io inizio ad alzare un sopracciglio (ma solo dentro, giuro), quando sento che l’unica volta in cui è riuscita a perdere peso è stata quella volta in cui ha assunto degli anoressizzanti – prescritti alla sorella dell’amica – che le consentivano di tirare avanti a 800 kcal al giorno. Ed ecco che in meno di sei mesi, sparirono 10 chili, i primi e gli unici, perché improvvisamente il peso si ferma. C’era già abbastanza da lavorare così, ma non basta. A questo punto, fatico a mantenere la posizione sulla sedia, mentre la ascolto spiegare che per mesi non ha mangiato pane e pasta, ma che poi ha ricominciato “perché tanto non cambiava nulla”. Mi convinco che con questo era tutto, invece no: mancava il particolare dei dolcificanti usati al mattino per il cappuccino realizzato con il latte magro, seguiti però da biscotti e cioccolatini nel pomeriggio.
A quel punto tocca a me spiegare quali abitudini a mio avviso le hanno impedito o reso molto difficile il dimagrimento e ad introdurre alcuni esempi di cibi più sani, come per esempio gli alimenti integrali al posto dei corrispettivi raffinati. O raccontare quanto sia più efficace l’educazione a un gusto meno dolce, rispetto alla ricerca del dolcificante perfetto. Ma non riesco a proseguire, perché la replica quasi immediata è stata: “Ah no, io quelle cose posso pensare di mangiarle per qualche mese, giusto per dimagrire, ma di sicuro non le mangio per tutta la vita”. Insomma, una visita di fine giornata impegnativa! Mi sono fatta coraggio e ho cercato di trovare un compromesso con la signora, sperando di trovare una maggiore apertura la prossima volta, in risposta a qualche beneficio ottenuto. Se vi va, ma soprattutto se la signora tornerà, magari vi racconto come è andata la prossima volta.
Vada come vada, quello che mi premeva sottolineare è che questo atteggiamento di “Isabella” è il frutto di decenni di bombardamento mediatico, volto a farci credere che il corpo risponda come nel gioco “sacco pieno, sacco vuoto” alle variazioni alimentari e soprattutto che risponda velocemente. Non c’è assunto più sbagliato: il nostro corpo ama la stabilità, (i terapisti cool la chiamano “omeostasi”). In altre parole, il nostro organismo tende ad opporsi ai cambiamenti, per tornare a quella che viene percepita come situazione ideale, in determinate condizioni. Fa freddo e la temperatura esterna rischia di far abbassare quella interna? E io (corpo) tremo per produrre più calore, annullando gli effetti della variazione. Entra meno energia con il cibo? E io consumo di meno, elimino un po’ di massa muscolare “sprecona” e tengo cara la massa grassa, per contrastare l’apparente carestia. Mi muovo di più? E allora amplifico i messaggi dei centri della fame, in modo da contrastare il deficit di energia aumentando gli introiti (ovviamente, dopo che l’effetto antifame dell’adrenalina, rilasciata durante l’esercizio, sia cessato).
Per far “cambiare idea” al corpo, per convincerlo che quel punto di equilibrio su cui si è assestato non è davvero l’ideale, sono necessari non solo entusiasmo e determinazione, ma costanza nel mantenere le nuove abitudini e pazienza, anche quando l’ago della bilancia (o la taglia) ci mette più tempo, rispetto alle nostre aspettative, per muoversi. Ma credetemi, una volta che lo abbiamo convinto a spostarsi, non solo non ricorderemo più la fatica delle prime settimane, ma potremmo restare stupiti da quanto il nostro organismo prosegua da solo il percorso iniziato, anche quando, per un breve periodo, ci distraiamo o subiamo impedimenti di sorta. E pensate che addirittura, dopo alcune settimane di “deviazione”, ci sorprenderemo ad avere nostalgia del “nostro” cibo sano.
Un duale saluto
dalla vostra consulente nutrizionale
Dr. Tatiana Gaudimonte
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